Il volontariato come stile di vita

Credits: Isa Balena

Luciano Gualzetti, Direttore di Caritas Ambrosiana, ci racconta di come, grazie allo spirito di solidarietà, il refettorio Ambrosiano non abbia mai smesso di adattare i propri servizi per andare incontro alle esigenze della comunità.

Abbiamo cercato di non stravolgere lo stile del Refettorio, che è quello di un luogo bello, un luogo di incontro tra le persone. E, anche se sembra un paradosso in questo periodo in cui bisogna tenere le distanze, noi abbiamo cercato di rimanere prossimi alle persone in difficoltà.” – ha affermato Luciano Gualzetti, Direttore di Caritas Ambrosiana.

Dal 23 febbraio infatti, in seguito all’applicazione dei primi interventi di distanziamento sociale, la Caritas ha cercato di mantenere attivi i propri servizi, che sono subito stati ripensati tenendo fede al suo stile e alla suo vocazione, che è quella della prossimità. Tra questi il Refettorio Ambrosiano, che dal 2015 accoglie persone in condizione di vulnerabilità sociale offrendo loro un servizio di cena tutti i giorni della settimana.

“Noi aiutiamo le persone in difficoltà non a distanza, ma incontrandole di persona e, sulla base di questo incontro, ritagliamo i servizi e gli interventi che sono più opportuni per aiutarle a fare dei percorsi affinché possano a fare meno di noi. Io lo dico sempre, anche a tutte le persone che lavorano nel Refettorio: non siamo bravi se diamo più pasti, ma se ne diamo il meno possibile – per lo meno alle persone che incontriamo – perché significa che hanno trovato l’occasione per ripartire e fare a meno di noi. E questo è possibile solo se si incontrano le persone, se ci sono dei servizi che le accompagnano.” E tutti i servizi sono stati ripensati proprio sulla base di questa logica.

Inizialmente il Refettorio, volendo rispettare il divieto di assembramento, ha avviato la distribuzione delle borse da asporto – pasti caldi e completi venivano preparati nella cucina del Refettorio e poi distribuiti e consumati nei centri di accoglienza, a casa o in strada.

Dopo 10 giorni circa, a causa dei problemi che la situazione poteva provocare, lo spazio ha riaperto al pubblico applicando tutte le precauzioni necessarie: distanza di 2 metri, obbligo di lavarsi le mani all’ingresso e di indossare mascherina e guanti. In seguito alla riapertura, però, la cuoca si è ammalata e il Refettorio si è visto costretto a ripristinare il servizio di distribuzione dei pasti iniziale, rimodulandolo nuovamente.

Questa settimana il refettorio Ambrosiano ha riaperto le sue porte con nuove modalità organizzative che consentono di accogliere gli ospiti: obbligo di lavarsi le mani all’ingresso, predisposizione di soli due persone per tavolo, anticipazione dell’orario di apertura alle 17.30 con conseguente aumento dei turni.

Ma anche nel momento di massima difficoltà la Caritas ha cercato di mantenere aperti e attivi i propri centri, le mense, i centri di ascolto, per non lasciare sole le persone che più avevano bisogno di aiuto e per evitare che venissero ulteriormente emarginate o non considerate. “Queste persone avevano meno informazioni degli altri, magari rischiavano di contagiarsi perché non avevano le mascherine o i guanti, e anche loro ovviamente vivevano le angosce e le paure che vivevamo un po’ tutti, che però abbiamo una casa o un reddito. Non dimentichiamoci che stiamo parlando della zona più colpita dal COVID-19 e nel sentimento generale la situazione pesava molto anche sulle persone che venivano al Refettorio, bisognava trovare un equilibrio anche per loro, per i nostri operatori, per i volontari e per gli operatori.”

Inutile dire che questo periodo si porterà dietro un forte sentimento di prudenza e preoccupazione, soprattutto per le persone più vulnerabili della società – “Non sappiamo come sarà gestito, ci sono già allarmi di depressione, di ansie, di gente che non dorme la notte, ed è piuttosto allarmante perché può sfociare in depressione, in stati d’ansia, ma anche in risentimento o rabbia da parte di chi ritiene di aver subito dei torti. Gli sportelli di Caritas ricevono richieste di aiuto non solo per quanto riguarda il cibo ma anche di contributi economici e l’idea che ho è che tutto questo debba essere rielaborato e orientato verso una visione dove se ne esce insieme, senza lasciare indietro nessuno.”

Ma il Refettorio ha continuato a sostenere la propria comunità grazie al grande numero di volontari, che vi hanno dedicato tempo ed energie – il Refettorio, oltre ai dipendenti fissi, vanta circa un’ottantina di volontari che a turno aiutano in cucina, servono in tavola, parlano con le persone, ecc. E’ proprio questo desiderio di partecipazione che ha fatto sì che il progetto, anche nel momento di massima emergenza sanitaria in cui ha chiesto agli ultra 65enni di rimanere a casa, ha subito ricevuto nuove richieste. “Per noi il volontariato è una risorsa in grado di dare significato alla vita, poiché testimonia il desiderio di donare, di dare una mano, di vivere con responsabilità e di condividere con gli altri, anche le fatiche di un servizio. Quello che abbiamo fatto è stato semplicemente trovare un’alleanza e una capacità di risposta che ci ha consentito di andare avanti tranquillamente.” La Caritas ha infatti nel suo DNA quello di promuovere il volontariato come stile di vita, di gratuità e di dono che passa attraverso la condivisione – “Abbiamo un’idea di volontariato molto coinvolgente e molto responsabilizzante, che spinge a guardare l’altra persona negli occhi facendo i conti con la persona che aiuti.”