Un ingrediente semplice, mille sfumature: il riso ci ricorda che il cibo è prima di tutto un linguaggio che unisce e fa sentire a casa.
In un mondo fatto di muri e confini, il cibo resta uno dei pochi strumenti capaci di unirci davvero.
Il riso, consumato ogni giorno da oltre tre miliardi di persone, attraversa continenti e culture. Dall’Asia all’Africa, dall’Europa alle Americhe, ogni luogo lo reinterpreta, lo trasforma, gli dà voce. Un semplice chicco può trasformarsi in risotto, jollof, congee, paella—una base comune, reinventata all’infinito.
Quando lo chef Andoni Luis Aduriz è arrivato al Refettorio Ambrosiano, ha preparato un semplice ‘budino di riso con cannella e cioccolato’. Ha scelto il riso perché appartiene a tutti. È un alimento essenziale, confortante, che crea ponti.
«Il pudding di riso ha origini ebraiche», ha raccontato. «Vogliamo celebrare la convivenza, e un menu dalle radici multiculturali ci sembra il modo migliore per farlo.»
Quel giorno anche Massimo Bottura si é soffermato sul significato del riso: «Per molti significa cose diverse. È universale e si spiega da solo.»
Per Andoni, cucinare è un modo per unire storie, persone e luoghi. Il suo piatto non parlava solo di sapore, ma di un messaggio più profondo: anche gli ingredienti più semplici possono racchiudere significati potenti. Come ha detto dopo quel servizio: «Se siamo riusciti a regalare a queste persone un momento di pace, allora questo è il vero senso del cibo.»
Che lingua parliamo?
Parliamo la lingua del cibo. E in un mondo spesso diviso, questa è una lingua fatta di connessione, comprensione, e unità.
Con affetto,
Food for Soul